Il suo volto era un pallido teschio e nelle sue orbite brillava una vivida fiamma.

 (Robert E. Howard 1928)

 

 

 

 

#67

 

IL REGNO DEL TESCHIO DI CRISTALLO

 

 

1.

 

 

            Il luogo si trova nel bel mezzo del Deserto del Sahara ed è… una città. Un’incredibile serie di costruzioni di marmi e graniti che il sole trasforma in altrettanti gioielli dai mille colori, ben lontani dalle immagini monocromatiche dei resti architettonici greci e romani. La città, come la celebre isola francese, di Mont Saint Michel, sorge su una collina circondata dalle acque di un lago e il suo nome è Lycopolis, centro vitale di quello che si autodefinisce il Popolo, definizione che molte comunità nella Storia hanno spesso dato di se stesse. Ad esempio, il nome di molte tribù dei cosiddetti nativi americani, altrimenti popolarmente noti come Pellirosse o Indiani d’America, nella loro lingua significa “Il Popolo” o “Il Popolo degli Uomini”.

            Questa comunità è abbastanza diversa da ogni altra, però, perché è composta interamente da licantropi. No, non le sventurate creature rese celebri da romanzi e film che a causa di antiche maledizioni sono costrette a trasformarsi in lupi, perlopiù umanoidi, durante le notti di luna piena e a trasmettere la loro maledizione agli sventurati che sopravvivano al loro morso, bensì una vera razza parallela a quella umana la cui origine si perde nella notte dei tempi. Si tratta di una società molto gerarchizzata che rispetta la struttura sociale dei lupi con branchi guidati da maschi e femmine cosiddetti Alfa.

Solo di recente i capi riconosciuti del Popolo hanno varato un piano ambizioso: riunire in un unico luogo tutti coloro che, per nascita, incidente, mutazione, magia o altro motivo hanno la capacità di passare dalla forma umana a quella lupina e viceversa, quel luogo, ovviamente, è proprio Lycopolis

Romeo Doria-Pamphili, giovane mutante romano ed esponente, sia pur di un ramo minore, di un’antica famiglia dell’aristocrazia romana e genovese, fatica ancora ad abituarsi alla sua attuale condizione pur essendo cittadino di Lycopolis già da qualche mese. Nel suo cuore è sempre il ragazzo che cercava di fare del bene usando i suoi poteri contro la criminalità della sua città. Una cosa è certa: non si è ancora abituato ad essere parte di quella che chiamano Squadra Gamma i cui altri componenti lo attendono davanti ad una massiccia costruzione alta sette piani di granito e cristallo coperta da rampicanti in modo da esaltarne le linee e il concetto di fusione con la natura circostante, con tutta l’aria di poter reggere al cannoneggiamento di una corazzata. Il portone di ingresso è formato da due ante su ognuna delle quali sta un lupo quadrupede rampante, un maschio a sinistra e la femmina a destra, a fronteggiarsi e reggere fra le zampe tese una stella a otto punte. Molto impressionante, pensa Romeo mentre squadra i suoi compagni decisamente particolari. Tutti, tranne uno, lupi in forma umanoide. Karshe, della tribù perduta dei Cheemuzwa; è un maschio argenteo e grigio vestito come uno sciamano indiano. Bethany Rose McCarthy, il cui nome di battaglia è Pleias, irlandese di nascita, è una femmina rossiccia che se ne va in giro completamente nuda come se fosse la cosa più naturale del mondo; cosa che, invece, causa ancora un certo imbarazzo a Romeo. Anche quello accanto a lei, un maschio dal pelo rossiccio, e l’aria torva, è anche lui nudo e nemmeno lui prova imbarazzo. Si tratta di Carlos Lobo, Espectro, mutante un tempo membro della criminalità organizzata messicana e capo di un proprio “Cartel”; che ha ormai abbandonato quello stile di vita, almeno così dice. Dietro a lui un altro maschio pure rossiccio che indossa un tanktop bianco con su la scritta in caratteri graffiati ‘BAD DOG!’ e un paio di shorts neri che lasciano ben poco all’immaginazione. Anche lui è un mutante; si chiama Myles Alfred, ma si fa chiamare Vivisector; un nome, un programma, forse. Accanto a lui una massa di muscoli che nulla ha da invidiare al Fenomeno, corporatura ulteriormente evidenziata dal lungo pelo bianco e le lame ossee che decorano il suo cranio e gli arti all’altezza delle articolazioni. Il suo nome è Kody ed è figlio di un licantropo e di una donna umana. Ultimamente, però, preferisce farsi chiamare, Behemoth. L’ultimo ha l’aspetto di un vero lupo ma decisamente gigantesco, dal pelo bianco ispido, che luccica come fosse stato fatto di tanti cristalli, come, in effetti, è, visto che si tratta di Hoarfen, figlio di Fenris, il dio lupo della mitologia norrena e di una gigantessa dei ghiacci.

Sì, pensa, Romeo, decisamente continuano a sembrargli strani.

-Ben arrivato Romeo.- lo saluta Karshe -Ora che sei qui, possiamo scendere.-

            Entrano tutti insieme nell’edificio e prendono l’ascensore. Scendono fino al primo dei tre livelli sotterranei indicati sulla pulsantiera e dopo essere arrivati percorrono in silenzio un lungo corridoio bene illuminato come da globi azzurrini sospesi nell’aria carica di elettricità statica e ozono il cui odore è chiaramente percepibile. Ad ogni loro passo una serie di rune appare dal nulla, sul pavimento, lungo le pareti e intorno ai loro corpi, una protezione magica che mette ancora Romeo a disagio. Finalmente arrivano davanti all’unica porta in fondo al corridoio: cinquanta centimetri di adamantio secondario rinforzato da sigilli mistici, che si apre scorrendo con un suono cupo. Ancora una volta Romeo si sente investito dalle sensazioni provate la prima volta che è entrato nella stanza: una sensazione decisamente spaventosa. Il mondo diviene per un microsecondo un posto oscuro, un’onda di Male purissimo attraversa i suoi pensieri come una folgore. Ancora una volta senza quasi accorgersene stringe i pugni, ed emette un ringhio orrendo mentre tutto il suo essere freme dal desiderio di affondare zanne e artigli addosso all’origine di quella sensazione e farla a pezzi. Come sempre, la sensazione passa e lui si trova a fronteggiarne l’origine.

La prigioniera è una donna completamente nuda, dalla carnagione pallida esaltata dai corti capelli neri, e gli occhi dalle pupille scarlatte come il sangue dallo sguardo più malevolo che si possa immaginare. C’è una spaventosa lucidità in essi, una bramosia di infliggere crudeltà innominabili a chiunque le si dovesse trovare davanti una volta libera dalla bara di cristallo in cui è rinchiusa.

-E così siete tornati.- dice con voce cupa -Credete ancora di poter liberare l’anima di Sofia Svjordsen dalla sua prigione e così annientarmi?-

-Ci riusciremo Faidara.- replica Karshe -È solo questione di tempo.-

            Faidara, Generale di una delle Nove Armate di Set ride sinceramente divertita.

-Stolti!- esclama -Credete davvero che Thulsa Doom vi darà altro tempo? Siete degli illusi. Non potrete fermarlo mai, mai!-

            E la sua risata maligna raggela i presenti.

 

            Il sole sorge sulla città di New Orleans ed illumina le conseguenze di una notte da incubo all’ospedale universitario.

            Il vice Sovrintendente della Polizia Samuel Tate ha dovuto fare i conti con una realtà che ha sempre negato ma che ora deve accettare mentre i suoi uomini e i paramedici portano via decine di cadaveri alcuni dei quali in così avanzato stato di decomposizione che è ovvio che sono usciti dalle loro tombe, zombie risvegliati dal potere e dalla forza di volontà di Collette Drumm e che sono tornati nell’abbraccio della morte quando lei è svenuta per lo sforzo.

Il capo dei Detectives Peter Hawkins, nero come Tate, Fratello Voodoo e la stessa Collette, si rivolge al suo comandante.

-Abbiamo eliminato tutti i rianimati trovati nell’ospedale e ho dato ordine di setacciare la città e sparare in testa a qualunque di quei mostri i nostri dovessero incontrare.-

-Perfetto Peter, sapevo di poter contare su di te.- gli risponde Tate.

-Non abbiamo trovato il corpo della Dottoressa Covington, però. Forse i rianimati l’hanno fatta a pezzi o l’hanno portata via. O forse l’hanno morsa e lei è tra i rianimati che sono riusciti ad allontanarsi.-

-Se è ancora viva, sentiremo ancora parlare di lei, ne sono certo.- afferma Fratello Voodoo.

            E Samuel Tate non può che essere d’accordo con lui.

 

            Il sole ci mette altre cinque ore ad illuminare Londra e trova un cupo ispettore Chelm che si aggira per i corridoi del maggiore ospedale cittadino dove l’Ispettore Constance Johanssen lotta tra la vita e la morte dopo essere stata aggredita dalla licantropa chiamata Nightshade.[1]

-Calmati, George, non serve a niente agitarsi.- gli dice il Sovrintendente Capo Albert Eccles, capo della Divisione Crimini Insoliti della Polizia Metropolitana della Grande Londra.

-Se è stata aggredita, è perché aveva collaborato con me contro Lilith.- ribatte Chelm -Sono stato io a chiederle di unirsi all’Unità anti Dracula della mia squadra.-

-Conosco Johanssen da molto prima di te. È sopravvissuta in circostanze peggiori, ce la farà anche stavolta.

            I due poliziotti sono interrotti dall’arrivo di un medico.

-Allora, dottore?- chiede Chelm.

-Abbiamo fatto il possibile ma la situazione era già disperata quando Miss Johanssen è arrivata qui, le sue ferite erano molto estese e profonde.-

-Allora è…?- comincia a dire Eccles.

-È ancora viva.- replica il medico -Ma se siete credenti, vi consiglio di pregare perché è l’unica possibilità che le resta.-

 

 

2.

 

 

            Nonostante le sue esperienze con l’occulto, compresi alcuni viaggi in altri mondi, Victoria Bentley ci mette un po’ a rendersi conto di non essere più nella fortezza di Cape Cliff in Scozia ma in un luogo dove le normali leggi della fisica non hanno alcun significato. Sembra un mondo partorito dalla fantasia di un Escher[2] o di un Kandinsky.[3]

Nel bel mezzo di questo assurdo panorama, sta l’uomo che l’ha portata lì: alto, atletico, i capelli neri e lunghi una carnagione abbronzata, forgiata dal mare. Indossa un severo abito nero, azzurro e verde coronato da una corta mantellina che arriva sotto le spalle. Nella mano destra impugna un bastone d’ebano il cui pomolo è una testa di unicorno dalla cui mascella spuntano delle zanne. Si tratta di Sir Victor Salisgrave, 18° Conte di Salisgrave, 25° Lord Cape Cliff, Cavaliere della Giarrettiera e del Cardo, Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico e molti alti titoli, erede di una schiatta di maghi delle Highlands la cui origine si perde nelle nebbie della leggenda.

-Ho pensato che un luogo come questo fosse più adatto delle segrete del mio castello al duello di magia a cui l’ho sfidata, Miss Bentley.- le spiega, poi la fissa con attenzione e aggiunge -Temo che in suoi attuali abiti non siano consoni alla tenzone che dovrà affrontare, ma a questo si può porre facilmente rimedio.-

            Un gesto delle mani di Salisgrave accompagnato da una breve cantilena in un’antica lingua e gli abiti di Victoria sono mutati in una calzamaglia azzurra perfettamente modellata sulle sue curve e che ricorda l’abito del Dottor Strange con tanto di fusciacca alla vita e mantello blu come quello che lui indossava una volta, al tempo del loro primo incontro.[4]

-Così va decisamente molto meglio.- commenta, compiaciuto, Salisgrave -Ora possiamo davvero cominciare. Io direi di iniziare con le Fiamme delle Faltine.-

            Tante piccole fiammelle gialle si uniscono in una grande palla di fuoco che piomba verso Victoria.

 

            Constance Johanssen ha la sensazione di fluttuare nell’aria. Sa di stare per morire perché non sente dolore. Una parte di lei le dice che è solo a causa degli antidolorifici ma un’altra sa che non è così, che la sua ora è giunta. Ebbene, che accada, allora. Ha vissuto la vita che voleva, dopotutto. Eppure… eppure ci sono ancora cose non finite da sistemare.

“Constance.”

            La voce echeggia direttamente nella sua testa e ripete ancora il suo nome, stavolta con tono più alto.

Constance!”

“Chi sei?” chiede la poliziotta con la sua voce mentale.

“Il mio nome non ha importanza. Ciò che conta è se vuoi continuare a vivere. Tu lo vuoi, Constance?”

“Io… sì, lo voglio. Certo che lo voglio.”

            Il suo io astrale è strappato dal corpo e trascinata in una dimensione di tenebra dove le uniche cose brillanti sono una sfera di cristallo, chiusa fra le fauci di un serpente e un uomo, se tale si può chiamare, visto che in realtà si tratta di uno scheletro che indossa una lunga tunica azzurra e oro e un mantello scarlatto bordato di bianco. Nelle orbite vuote del suo teschio brilla una luce demoniaca. Un nome semidimenticato, letto in qualche antico tomo durante i suoi studi sull’occulto, torna improvvisamente alla mente di Constance:

“Thulsa Doom!”

“E così mi conosci, sono compiaciuto, donna.  Sappi che io posso restituirti la vita e il vigore fisico. Posso farlo e lo farò, ma devi essere tu a chiedermelo. Te lo ripeto: vuoi vivere, Constance Johanssen? Sei pronta a pagare il prezzo per il dono che ti sarà fatto?”

            L’esperienza dovrebbe aver insegnato a Constance che un patto con un demone non porta mai bene ma la voglia di vivere è più forte di ogni razionalità.

“Sono pronta.” risponde “Quale che sia questo prezzo.”

“Nulla di straordinario, anzi, di molto tradizionale : nient’altro che la tua anima.”

 

                La limousine si ferma davanti al piccolo cottage nella campagna fuori Londra.

-È qui.- dice l’uomo massiccio dalla folta capigliatura e barba rosse.

-Ne sei sicuro?- gli chiede un giovanotto dai capelli rossicci seduto davanti a lui.

-Il mio istinto potenziato da milioni di anni di evoluzione non può sbagliare.- ribatte, piccato l’altro -Tua cugina è qui, Jack Russell, ne sono certo.-

            Dall’auto scendono tre persone. Oltre a Jack Russell, c’è sua sorella Lissa e suo zio Philip, dai capelli ormai grigi, il massiccio Barbarossa, un atletico biondo con indosso una tuta da motociclista e un altro, intabarrato in un impermeabile con le fattezze nascoste da una sciarpa e un cappello calato sul viso.

            Si avvicinano cautamente aspettandosi chissà quale pericolo, poi una porta si apre e ne esce una ragazza bionda molto giovane che indossa un’aderente calzamaglia color porpora su cui porta un impermeabile bianco.

-Nina!- esclama Philip Russell vedendola.

            La ragazza li vede ed esclama.

-Papà! Che ci fai qui? Come mi hai trovato?-

-Per merito mio.- risponde il Barbarossa.

            L’illusione del suo aspetto cade e lui si rivela per quel che veramente è: il lupo super evoluto che alcuni chiamano Karnivor e altri l’Uomo Bestia.

            Al vederlo Nina fa un balzo indietro ma non c’è paura nei suoi occhi, solo stupore.

            L’Uomo Bestia parla con voce grave.

-Ora che ti vedo, che sento il tuo odore, così simile a quello dei tuoi cari, so che l’ora è grave e il pericolo incombe. Devi venire con noi a Lycopolis.-

-Che razza di sviluppo è questo?- esclama Philip -Non erano questi i patti.-

-Giusto.- gli fa eco Jack -Non ti lasceremo portar via Nina senza combattere.-

-Voi non capite.- interviene Sir Wulf, il compagno di Karnivor liberandosi del travestimento che celava la sua natura di lupo mutato -Un pericolo ci minaccia tutti: da mesi una licantropa dal pelo argenteo vive a Lycopolis in mezzo al Popolo. Dice di chiamarsi Nina Price…- punta il dito verso la ragazza -… e non è lei.-

 

 

3.

 

 

            Il Comandante Peter Hawkins, capo della Divisione Investigazioni Criminali del Dipartimento di Polizia di New Orleans. Rientra nel suo appartamento dopo una dura giornata di lavoro. La sua mano si dirige istintivamente verso l’interruttore di fianco alla porta quando una voce gli dice:

-Non accendere la luce, Peter.-

            La voce appartiene ad una donna seduta in ombra davanti a lui.

-June?- esclama lui, sorpreso -Che ci fai qui?-

-Quale posto migliore per nascondersi può esserci per la numero uno nella lista dei ricercati dalla Polizia della “Big Easy”[5] della casa dell’uomo al comando delle forze incaricate di darle la caccia?- ribatte June Covington alzandosi in piedi -Nessuno penserà mai a cercarmi qui, ti pare?-

            La luce della luna che filtra dalle veneziane disegna la silhouette della giovane donna mentre si avvicina al padrone di casa.

-Stai giocando col fuoco, lo sai?- gli dice questi.

-Ci sono abituata.- ribatte lei -Del resto, sono sempre stata un tipo molto caldo.-

            Gli mette le braccia al collo e gli sussurra:

-Ospitami qui stanotte e ti assicuro che non te ne pentirai, Pete.-

            Hawkins sospira e le cinge i fianchi. Se il Capo Tate sapesse che il suo uomo migliore e più fidato lo ha tradito accettando di lavorare per il Consorzio Ombra e che ha aiutato a fuggire la donna che ha rapito sua figlia e voleva farne uno zombie, per lui sarebbe decisamente finita. Tate non lo saprà mai, o almeno non lo saprà finché non sarà troppo tardi, e per allora Hawkins avrà avuto la sua ricompensa.

            La ragazza è stato un bonus aggiuntivo e insperato. June Covington non è solo una scienziata completamente priva di morale, ma è anche una bellissima donna e lui ha sempre avuto un debole per le bionde.

-D’accordo.- replica -Ma domani dovrai andartene.-

-C’è un sacco di tempo fino a domani.- sussurra lei mentre le sue labbra si incollano a quelle del poliziotto.

            E domani potresti anche non essermi più utile, stupido, pensa.

 

            Nel Mare di Somov, nell’Antartide Orientale, in un’isola che fino a poco tempo fa non esisteva, c’è una città diversa da ogni altra, un luogo dove il Male assoluto, un Male cosmico, che da agli stessi edifici dalle bizzarre e oscene architetture di sicuro non concepite da mente umana. Il suo nome, in una lingua morta da tempo, è Set Atra-no, ovvero la Città di Set.

            Nel più alto tempio di questa città maledetta siede, su un trono di pietra, il suo signore lo scheletrico stregone demoniaco Thulsa Doom, intento a scrutare in una grande sfera di cristallo, chiusa fra le fauci di un serpente

Tutto sta andando come previsto.- mormora tra sé e sé -I miei agenti umani sono ai loro posti e faranno ciò che io dirò loro. Com’è facile sedurre l’animo umano. Anche coloro che si credevano incorruttibili scoprono di avere un prezzo e che io posso pagarlo.-

                Thulsa Doom si alza dal suo trono e sfiora la sfera di cristallo dicendo

-I primi a scoprire quanto sia fatale sottovalutarmi saranno quei maledetti lupi. Non immaginano cosa ho preparato per loro. Faidara, mi senti?-

            Una voce incorporea echeggia direttamente nella mente dello stregone che era già vecchio quando la perduta e leggendaria Valusia era giovane:

“Sì, mio signore, ti sento.”

-La tua attesa è finita, fedele servitrice: è venuto il momento che tu ti liberi e scateni il tuo potere contro i miei nemici.-

            Thulsa Doom può quasi vedere il sorriso maligno sul volto della sua generalessa prigioniera letteralmente all’altro capo del mondo.

“Non aspetto altro, mio signore.”

            E Thulsa Doom si abbandona ad una risata soddisfatta.

 

            Constance Johanssen apre gli occhi e si guarda intorno. Sa benissimo dove si trova: in un rinomato ospedale di Londra dove sino a poco prima stava morendo e sa anche altre cose.

            Con gesti rapidi si strappa dalle braccia gli aghi delle flebo e dal petto i sensori che la collegano ai macchinari che monitorano le sue condizioni per poi mettersi a sedere sul letto.

            Con gesti ancora incerti mette i piedi sul pavimento e nonostante la testa le giri e senta un montante senso di nausea prova a fare qualche passo e per poco non cade a terra.

            È aggrappata al bordo del letto quando arrivano medici ed infermieri e la loro reazione è:

-Non è possibile!-

            Constance vorrebbe ridere ma quello che esce dalle sue labbra sembra più il gracchiare di un corvo.

 

 

4.

 

 

            Danielle Seward cammina apparentemente ignorando gli sguardi di coloro che incontra e che sono evidentemente attratti dal suo fisico mozzafiato e dall’abitino cortissimo che indossa, talmente aderente da rendere evidente che non sotto non porta alcuna biancheria intima.

            Non sono gli sguardi di disapprovazione ad interessarla, ovviamente, ma quelli che esprimono una vera e propria attrazione sessuale nei suoi confronti. Per quanto siano deboli, quasi impercettibili in qualche caso e poca cosa rispetto a quelle che si sprigionano con l’atto sessuale, le energie che percepisce sono comunque catturate ed immagazzinate per futuri usi.

            Di tutti coloro che ha incontrato da quando è arrivata a Londra solo Victoria Bentley e Constance Johanssen avrebbero potuto smascherarla come adepta delle arti oscure, sacerdotessa di un culto innominabile che risale alla notte dei tempi, servitrice fedele di un essere che si potrebbe giustamente definire la malvagità incarnata, se avesse ancora della carne attorno alle ossa, ma dalla prima si è tenuta alla larga e la seconda non è più un problema ormai.

            Mentre entra nell’ufficio del Coroner di South London per andare a far visita al Dottor John Watson, Danielle aspira l’odore della morte, qualcosa che solo lei può sentire e che è un’altra fonte di potere mistico da incamerare, la fonte stessa del potere del suo signore e padrone a cui ha volontariamente ceduto la sua anima, colui che chiamano Thulsa Doom.

 

            Con la velocità del pensiero Victoria Bentley alza uno Scudo di Seraphim per proteggersi dalle fiamme.-

-Ben fatto, Miss Bentley, ma in fondo era un incantesimo che qualunque apprendista stregone avrebbe saputo fare senza sforzo.- la canzona Lord Salisgrave -Mi aspetto di più da colei che potrebbe essere la più grande maga della sua generazione.-

-Non ho mai preteso di esserlo.- replica Victoria tentando di imprigionare il suo avversario nelle Bande Cremisi di Cyttorak ma Salisgrave se ne libera prima che si consolidino.

-Il Dottor Strange e l’Antico vedevano questa potenzialità in lei e la vedo anch’io.- ribatte -Dopotutto è stata capace di padroneggiare con estrema facilità e rapidità molti incantesimi complessi. Avverto in lei energie che nemmeno sa di avere. Vediamo se le sa usare.-

            L’erede degli antichi druidi mormora una formula e getta qualcosa in aria. Subito dopo un sudario di pietra si forma attorno a Victoria.

-Non ceda al panico.- la incita Salisgrave -Usi le energie che ha dentro di sé, le incanali verso il suo scopo e le liberi per conseguirlo.-

-Io… non so se posso…- ribatte lei.

-Può e lo farà. Non esiti, agisca.-

            Sul volto di Victoria i segni di una concentrazione intensa, poi la prigione di pietra che l’avvolge si infrange.

-Ce l’ho fatta!- esclama.

-Sì, ce l’ha fatta… e ha vinto la nostra sfida.-

-Cosa?-

-Ha dimostrato di possedere le doti di una vera maga, non mi serve sapere altro.-

            Tutto ruota intorno a loro e si ritrovano nel Castello Salisgrave sulle coste settentrionali della Scozia.

-Qual è stato il senso di tutto questo?- chiede Victoria.

-C’è un grande pericolo che si addensa ed è pronto a colpire le Isole Britanniche come il resto del Mondo.- risponde il Conte -Se lei me lo permetterà, io l’addestrerò a combatterlo. Finora, Victoria, mi consente di chiamarla Victoria spero, lei è stata un’adepta della magia tibetana di cui il Dottor Strange è un maestro, ma se lei lo vorrà, io le aprirò la mente ai più reconditi segreti dei druidi, di quella magia celtica che è parte del suo retaggio di figlia di Albione e alle altre forme di magia dell’Occidente. Lo vuole, Miss Bentley? Accetta di essere mia allieva?-

            C’è solo una lieve esitazione in Victoria prima che risponda:

-Accetto!-

 

            June Covington si alza dal letto poco prima dell’alba e dopo essersi accertata che Peter Hawkins dorma, ancora, nuda, si reca nel vicino bagno dove si dà un’occhiata allo specchio. Sul collo, quasi all’attaccatura della spalla destra, proprio sopra la scapola, c’è il segno di un morso dai margini violacei. Se non avesse preteso la luce spenta, il buon Hawkins l’avrebbe visto, così come avrebbe notato le sue occhiaie e il pallore innaturale della sua pelle.

Sono passate parecchie ore da quando è stata morsa e il cambiamento è stato solo superficiale, l’infezione non si è ancora manifestata e i margini stessi del morso si sono ridotti, sempre che la sua vista non l’inganni. Merito dell’antidoto sperimentale che aveva con sé e si è iniettata immediatamente o forse anche la sua fisiologia particolare, con tutti i cambiamenti che lei stessa vi ha apportato, l’ha aiutata. Ciò nonostante sente che dei cambiamenti stanno avvenendo, ma di che natura?

Lo scoprirà presto e saprà anche altro. Nel culmine dell’amplesso ha morso quell’utile idiota di Hawkins e se gli ha iniettato qualcosa in quel modo o con altri scambi di fluidi corporei e questo provocherà dei cambiamenti, sarà evidente presto. Potrebbe essere il prossimo stadio dell’evoluzione dei suoi rianimati.

June fa un sorriso maligno alla sua immagine riflessa nello specchio.

 

 

5.

 

 

            Jack Russell esclama:

-Che vuol dire che c’è un’altra Nina Price?-

-Da mesi ormai una licantropa dal pelo candido che dice di chiamarsi Nina Price e di essere tua cugina abita a Lycopolis, in mezzo a noi del Popolo.- risponde Sir Wulf con voce cupa

-Quando ci hai chiamato per aiutarti a trovarla, ho capito che qualcosa non andava e che era il caso di capire chi fosse l’impostora. Ora lo so con certezza: lei è autentica.- aggiunge Karnivor.

            Sir Wulf esclama:

-Questo vuoi dire che quella di Lycopolis è…-

-Indubbiamente un agente di Thulsa Doom.- replica l’Uomo Bestia -E chissà cosa sta combinando in questo momento.-

 

            Nel suo nuovo rifugio Lilith Dracula sente qualcosa, una sensazione che non prova da quando si è battuta contro la sua omonima, la Madre dei Demoni, un male antico e da lungo tempo dormiente è di nuovo all’opera.

            Dovrà indagare, non può permettere che un simile potere minacci il suo.

 

            Gli occhi della donna che risponde al nome di Faidara si illuminano di colpo mentre la sua prigione si infrange e lei fluttua a mezz’aria.

-Sciocchi!- esclama, credevate davvero di potermi tenere prigioniera per sempre?-

            La sua testa diventa quella di un serpente la cui lingua forcuta sibila nell’aria.

-Avete commesso un grave errore…- aggiunge -… e ora proverete tutto il potere di Thulsa Doom!-

 

 

FINE SESSANTASETTESIMO EPISODIO

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Non moltissimo da dire, solo qualche chiarimento strettamente necessario:

1)    Il Popolo Lupo, la sua mitologia, Lycopolis e la guerra del Popolo contro Set e Thulsa Doom sono tutti concetti creati o elaborati da Valerio Pastore che non cesseremo mai di ringraziare.

2)    Romeo Doria-Pamphili, mutante licantropesco, è una creazione di Yuri N.A. Lucia ed è apparso per la prima volta sull’Uomo Ragno MIT.

3)    Karshe, della tribù perduta dei Cheemuzwa e Bethany Rose McCarthy, alias Pleias, sono creazioni originali di Valerio Pastore.

4)    Carlos Lobo,alias Espectro, anche lui mutante con la capacità di diventare un lupo antropomorfo è stato creato da Gerry Conway & Sal Buscema su Spectacular Spider Man Vol. 1 #143 datato ottobre 1988.

5)     Vivisector, alias, Myles Alfred è un mutante creato da Peter Milligan & Mike Allred su X-Force Vol. 1° #116 datato agosto 2001

6)    Kody è stato creato da Howard Mackie & Adam Kubert (con l’aiuto di suo padre il leggendario Joe) su Spirits of Vengeance #4 datato novembre 1992.

7)     Hoarfen, figlio di Fenris e di una Gigantessa dei Ghiacci, è stato creato da Peter David & Gary Frank su Incredible Hulk Vol. 1° #422 datato ottobre 1994.

Nel prossimo episodio: l’attacco di Thulsa Doom, la riscossa dei Lupi, i piani di Lilith e quelli di Dracula. In più: tradimenti e altri colpi di scena.

Vi aspetto.

 

 

Carlo



[1] Nell’episodio #65.

[2] Maurits Cornelis Escher (1898-1972), pittore svizzero noto per le sue prospettive impossibili

[3] Vassily Vassilievitch Kandinsky (1866-1944) famoso pittore astrattista russo.

[4] Tanto tempo fa, su Strange Tales Vol. 1° #114 (In Italia su Uomo Ragno, Corno, #26)./

[5] Nomignolo di New Orleans.